La psicologia del ladro

Breve storia del furto in casa

Che cosa spinge l’uomo da secoli, a infrangere una legge scritta nel proprio cuore prima ancora che nei codici penali? L’articolo 624 bis, reato per furto in abitazione, ha origini piuttosto remote. Le prime documentazioni di ladri d’appartamento risalgono infatti, ai tempi degli antichi egizi: i sacerdoti erano costretti a spostare le mummie dei faraoni da un nascondiglio all’altro, per far sì che i ladri non rubassero il ricco corredo funebre. Nel caso in cui i responsabili fossero stati scoperti, oltre a commettere un sacrilegio, sarebbero stati puniti con la pena di morte. I furti avvenivano in maniera così sistematica, che il ritrovamento della tomba intatta di Tutankhamon (1341 – 1323 a.C.), apparve come un miracolo agli occhi degli archeologi. Un’origine così remota, ci fa capire quanto il comportamento di rubare sia legato ad un possibile sviluppo della mente in risposta a determinate condizioni ambientali. In questo articolo, cercheremo di capire cosa può spingere una persona a rubare e approfondiremo i vari meccanismi che avvengono all’interno di una mente criminale.

Al di là di Arsenio Lupin

Se la letteratura psicoanalitica sui ladri non abbonda, probabilmente è perché i ladri non sono, di solito, dei buoni pazienti. A meno che non si abbia lasciato una finestra aperta, è raro che li si veda all’interno di uno studio di psicoterapia. Anche quando entrano in contatto con psicologi carcerari, difficilmente mostrano segni autentici di pentimento e dispongono della fiducia necessaria per chiedere aiuto e intraprendere un percorso di cura. Per comprendere un po’ di più la psicologia di un ladro, occorre innanzitutto sgomberare la mente dalla figura di Arsenio Lupin e del ladro gentiluomo, a cui il crimine del furto senza violenza è popolarmente associato. Purtroppo, i dati statistici descrivono una realtà molto meno romantica. Dando un’occhiata ai dati Istat ed alle statistiche del ministero della giustizia, emerge come dei 53.364 detenuti presenti nelle carceri italiane a dicembre 2020, i condannati per furto ammontino a 12.277. Una porzione molto consistente che fa del furto la terza tipologia di reato in Italia. È interessante notare come la grande maggioranza dei detenuti italiani sia composta da uomini con un basso livello di istruzione, in quanto i criminali con un’istruzione più avanzata si dedicano, di solito, a tipologie di reato più remunerative e meno rischiose del furto in casa. Il quadro che emerge del nostro ladro d’appartamento è quello di un soggetto appartenente ad una popolazione socialmente svantaggiata, segnata da un precoce abbandono scolastico e privo degli strumenti indispensabili per accedere ad un qualsiasi contesto lavorativo utile a inserirsi nella società. Si tratta di personalità marginali, dalle vite difficili, che hanno sviluppato un’attitudine antisociale, spesso in età tenera. Esattamente però, che cosa spinge un essere umano a rubare?

Come si diventa dei ladri?

Nel campo poco coltivato della psicologia del furto, un’eccezione è rappresentata dal contributo dello psicoanalista inglese Donald W. Winnicott. Il Dr. Winnicott ebbe modo di lavorare durante il periodo della seconda guerra mondiale, alla guida di un programma governativo dedicato a bambini rimasti orfani. Molti di loro presentavano disturbi emotivi, sviluppando alcuni, una tendenza antisociale che si manifestava in comportamenti distruttivi e appunto, furti. Secondo Winnicott, ciò che spinge un bambino a sviluppare tali comportamenti antisociali, è l’aver fatto esperienza di una grave deprivazione. Infatti, quando i bambini perdono la propria famiglia o quest’ultima non si rivela più capace di fornire le cure necessarie al benessere psicologico, potrebbe pervaderli un grande sentimento di vuoto e di rabbia. L’infante allora, può cercare di ritrovare nell’ambiente esterno quella stabilità di cui si è sentito ingiustamente privato. E per farlo, è disposto a tutto, anche di annientare il suo senso di colpa e mettere in atto comportamenti antisociali. Winnicott considera il furto, come un particolare tipo di comportamento antisociale perennemente accompagnato dalla menzogna. Più la persona cresce, più le forme di furto diventano gravi e predittive di comportamenti delinquenziali in età adulta.

I tipi di furto che possono manifestarsi dall’età scolare

Esistono 3 tipi di furto nel bambino e nell’adolescente:
  1. Quando un bambino è attratto da un oggetto e decide di afferrarlo per giocarci. Un latrocinio “innocente” che viene commesso senza nessun intento di arrecare danno a qualcuno, e che in questo senso, non rappresenta un vero e proprio furto ma un suo primo antesignano.
  2. Il dispetto del bambino un po’ più grande, compiuto intenzionalmente per soddisfare un desiderio, sebbene sia consapevole del danno che può procurare all’altro. Quando viene confrontato con le conseguenze della sua azione, prova un sincero senso di colpa e questo rende tale gesto, non ancora totalmente assimilabile ad un furto vero e proprio.
  3. Quello compiuto solitamente da un adolescente è il furto per eccellenza. Il ragazzo è consapevole delle sue intenzioni e delle conseguenze che le sue azioni avranno sull’altro ma prova sempre meno senso di colpa. Episodio dopo episodio, l’adolescente si assueferà sempre di più al furto, perdendo contatto con i propri sentimenti più autentici.
Un aspetto importante e difficile da notare dei comportamenti antisociali commessi dai minori, è che essi, al di là del loro aspetto rabbioso e aggressivo, rappresentano sempre un atto di speranza: quella di poter ritrovare ciò che hanno perduto e che la vita gli ha sottratto. Se questi comportamenti non incontrano nessuno capace di riconoscerli e porre dei limiti, nonché di cogliere e condividere la speranza che si cela dietro la distruttività dell’atto antisociale, il ragazzo perderà sempre di più la fiducia nel mondo esterno. Sotto questo punto di vista, la scuola rappresenta un argine critico. Non a caso gli abbandoni scolastici precoci sono tra i fattori predittivi più forti di comportamenti delinquenziali in età adulta. Se, oltre al nucleo famigliare, la scuola fallisce nel riconoscere il senso dei comportamenti antisociali, il ragazzo perderà ancora più speranza, diventando al contempo, sempre più distante dai propri sentimenti. Il contrario della speranza è, di fatti, la disperazione. Guardando con attenzione, è possibile scorgere dietro ogni ladro, un bambino che avrebbe voluto essere scoperto, fermato e capito nel suo bisogno di ritrovare ciò che la vita gli ha rubato. Purtroppo quel bambino, e poi quell’adolescente, non ha incontrato lungo il suo percorso nessuno capace di aiutarlo. Nel tempo ha perduto sempre più la speranza, e forse, ora che è adulto, il vero motivo per cui ruba, non lo ricorda nemmeno più. Nel corso del suo lavoro per il ministero inglese, dal 1939 al 1946, il Dr. Winnicott ha avuto modo di aiutare 285 bambini che ha seguito nell’arco di vita fino all’età adulta. La maggior parte di coloro che gli si era presentata manifestando chiari segni di tendenza antisociale, non svilupparono alcun comportamento delinquenziale da adulti. Questi sono importanti segnali che determinano che la speranza esiste se qualcuno è in grado di aiutarci a vederla.
Articolo a cura di Alessio Martella, Psicologo, Psicoterapeuta e Psicoanalista relazionale che si occupa di percorsi di terapia individuale con adulti e adolescenti.